Una sull’altra, a chiazze, sul selciato,
dormono soffici, d’oro le foglie,
forse in un sogno brumoso le coglie
‘l dubbio d’avere un po’ troppo frusciato.
Ma è tardi. Ecco che il ramo, educato
all’indolenza del vento che toglie,
tremulo avverte, gelide e spoglie
le sue estremità, lassù, desolato.
Bianca, la luce dell’alba autunnale
tinge di fragile il debole e il forte,
adorna il freddo di un manto spettrale.
E trovarsi così, contemplando la sorte
nella maestà del ciclo naturale,
non distinguendo dal bello la morte.